venerdì 7 dicembre 2012

Regalo di Natale

La decisione di Berlusconi di ridiscendere in campo, a parte i suoi stretti cortigiani, ha sorpreso molti, anche del suo partito. Di lui si sa che è assai capace a condurre le sfide elettorali, ma molte cose sono cambiate negli ultimi due anni e il buonsenso avrebbe dovuto suggerirgli di tenere un basso profilo in questa tornata. Certo gli interessi in gioco sono enormi. Parliamo di tanti quattrini e c’è anche la condanna penale appena subita, c’è il processo Ruby che va avanti. Ma per la prima volta egli sembra ignorare i sondaggi che hanno sempre diretto la sua politica populista. Telese lo paragona al Macbeth assediato nel castello, che “si avvita su se stesso e sulla sua storia ucciso dal paradosso… incapace di riconoscere la resa, reso folle dall’illusione di un prodigio che non si verifica”. Quando il buonsenso viene accantonato allora emerge l’irrazionale. Non necessariamente è la dignità del vecchio guerriero che preferisce attendere il destino con le armi in pugno. Può essere altro, molto più prosaico. Un gioco corale ove i mali di alcuni si rimestano con le colpe di molti. Suggerisco a proposito una riflessione molto illuminante tratta dal blog “Brutti Ceffi”, dal titolo Caduto un demagogo…, di cui riporto qualche stralcio:

«Scrive Stefano Folli su Il Sole 24 ore: “Diciamo la verità. Pochi personaggi politici negli ultimi decenni sono stati così detestati come Berlusconi, ma pochi sono stati così amati. Una vasta opinione pubblica ha fatto affidamento su di lui, lo ha spinto in alto, lo ha difeso spesso in modo acritico. In una parola, è rimasta stregata dalla sua personalità espansiva e dal suo ottimismo. Ha cercato di non vedere il lato oscuro della luna, l’altra faccia della medaglia; e l’incantesimo è durato nel tempo, molto più di quanto siano soliti durare gli incantesimi. Questo spiega la longevità politica di Berlusconi, insieme alla sua eccezionale capacità di organizzare le campagne elettorali e di vincerle anche quando tutto sembrava essere contro di lui. Ci si ricorderà di lui soprattutto come di un grande, incredibile combattente. Mai domo, in grado di rialzarsi sempre ogni volta che era al tappeto. Su questo punto concordano tutti, amici e nemici: un guerriero del genere sarà difficile rivederlo in futuro sui palcoscenici della politica”.

In realtà questa indomita pulsione a rialzarsi sempre ogni volta che si va al tappeto è tipica della personalità psicopatica. Più che all’immagine dell’indomito guerriero andrebbe piuttosto associata a quella del tossicodipendente. Una ricerca condotta da neuroscienziati della Vanderbilt University ha, infatti, identificato una correlazione tra i tratti di questa personalità e il sistema cerebrale della ricompensa. E precisamente una disfunzione nel circuito dopaminergico. In queste persone la pulsione verso la ricompensa, quale sicuramente è per loro il conseguimento e il mantenimento del potere, è così forte da soverchiare il senso del rischio e la preoccupazione per la punizione. Ma la gente queste cose non le sa e scambia questa debolezza per un’ammirevole virtù…

Le folle seguono poco i ragionamenti e sono colpite soprattutto da ciò che v’è di meraviglioso nelle cose. In fondo ingannarle è facile. In più è d’aiuto il basso livello culturale di molti italiani che si lasciano supinamente formare ai valori propinati da una tv narcotizzata e narcotizzante, che suggerisce un modello d’acquisizione basato sulle apparenze e sugli oggetti: il successo, la bellezza, il denaro, la villa, la Maserati, la barca, le vacanze esotiche. Questo vasto bacino d’aspiranti borghesucci un po’ cialtroni, a maggior ragione si lascia attrarre dall’imbonitore di turno se questo è un modello che ha fatto fortuna. “Chi meglio di me saprebbe dischiudervi la strada per la libertà e il successo?”…

Questo clima di complicità è dunque costruito intorno ad una relazione accogliente e familiare (la “casa delle libertà”) a difesa dallo Stato dei burocrati e delle gabelle. Il ruolo della famiglia consiste nel dare al bambino la sensazione di essere speciale. Analogamente il leader populista, soprattutto se psicopatico, è pienamente convinto di essere una persona speciale (cioè appartata e superiore), e a sua volta offre ai suoi seguaci, che in realtà disprezza perché egli non sa amare ma solo soggiogare, insieme al suo favore lo status di persone speciali. Questo richiamo nella casa del padre per molti che si sentono smarriti e disperati è irresistibile, offre loro una mitologia e una mistica. Hitler convinse la nazione tedesca d’essere un popolo superiore che avrebbe guidato i destini del mondo. Anche Mussolini cercò d’instillare nella nazione italica il mito della razza superiore e proibì ai suoi soldati in Africa di sposare le donne di colore. Ma anche concesse ai suoi fedeli posizioni, prebende e previdenze. Berlusconi, più prosaicamente, offre ai suoi seguaci il mito del successo. A loro è riservato un trattamento diverso perché sarà loro concesso di tendere verso l’ideale desiderato, se necessario, eludendo le leggi così come fa il loro condottiero. Di tanto in tanto, a mo’ d’indulgenza plenaria, sarà assicurata una sanatoria, un condono, una depenalizzazione, una prescrizione…

Ecco quindi cosa è successo. Abbiamo parlato di un popolo né onesto né libero (per riferirci alla pagina di diario della Morante). Un popolo che quasi novant’anni fa si consegnò a un “uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto” in quanto “perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo”. Abbiamo accennato alle dinamiche psicologiche e sociologiche che legano tra loro un popolo e un leader populista, alle premesse necessarie perché essi si scelgano. Abbiamo riflettuto sul fatto che il despota può conquistare il potere e mantenerlo solo se una maggioranza condivide i suoi stessi valori o, comunque, non ne sia offesa. Anche se è vero che nell’ascesa del leader populista v’è sempre una componente d’inganno e di seduzione, è anche vero che il consenso si crea solo se c’è una base comune d’interessi, se c’è un clima di complicità, se insieme non ci si identifica più in un sistema etico e nella carta costituzionale che ad esso fa riferimento…»

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