lunedì 25 febbraio 2008

Predatori benemeriti

Non so se ci avete fatto caso, quasi sempre Piero Angela dai suoi programmi non perde occasione per rifilarci un documentario sulla predazione. In genere sono leoni che si fanno il loro bravo inseguimento, graffiano e azzannano la zebra o l’antilope di turno, la sventrano e banchettano voracemente. Poi, mentre sfumano le ultime scene del filmato, segue la chiacchierata in studio dove il nostro, in compagnia dell’etologo Danilo Mainardi, tesse le lodi del processo evolutivo, nel cui ambito la predazione avrebbe una funzione determinante e del tutto benemerita. Senza predazione non si sarebbero sviluppate le facoltà che hanno portato a quel capolavoro di complessità che è l’uomo. Per adoperare il binomio introdotto da Monod, la predazione sarebbe necessaria nella casualità dell’evoluzione. Nel febbraio del 2002 Alberto Angela (figlio di Piero) fu vittima d’una disavventura mentre, insieme alla troupe di “Ulisse”, girava materiale documentario sul Sahara. Appena passato il confine con il Niger, il gruppo fu raggiunto e bloccato da una camionetta di predoni. Dopo due ore di percosse e di finte fucilazioni venne derubato di tutto e abbandonato in pieno deserto. Ricordo allora un’intervista in cui il noto conduttore esprimeva tutta la propria irritazione per la disavventura occorsagli. Eppure, in fondo, in cos’era stato coinvolto se non in una magnifica vicenda di predazione? Proprio in quella terra d’Africa ove i documentaristi traggono infiniti spunti d’ispirazione sull’argomento! La variante sul tema è che stavolta il predatore è il sapiens sapiens. Ma la storia e la cronaca non ci suggeriscono forse che l’uomo sia il più terrificante dei predatori? Altro che leoni e tirannosauri. I predoni del deserto andrebbero ospitati a “Superquark”. Questi capolavori della selezione naturale sarebbero la prova lampante che in un determinato ambiente – nella fattispecie il Ténéré – sopravvive il più adatto. Per questo vorremmo fargliene una colpa? I leoni hanno colpa quando fanno fuori i cuccioli del branco appena sottomesso? Che c’entra la morale con la selezione naturale? Quella almeno regolata solo dal caso e dalla necessità. Perché, sia pure in un processo evolutivo, se invece vi scorgiamo un disegno intelligente allora il discorso può cambiare. Se infatti crediamo in un Dio creatore ispirato da principi morali, in tal caso ha senso ritenere che pure il creato si riferisca ai medesimi principi. A questo punto, però, può venirci il dubbio che la predazione non sia così necessaria alla causa dato che ne intuiamo, al di là delle rassicurazioni di Piero Angela, una scarsa compatibilità con l’idea di moralità. E mi riferisco alla predazione non solo degli umani ma pure a quella degli animali. Se il Creatore è infatti quello della Bibbia, allora vi troveremmo subito riferimenti inconciliabili. Qui si dice che Dio protegge e si prende cura degli animali (v. Salmo 84, 4). Tra l’altro la predazione non è neppure strumento inevitabile per il controllo della popolazione: sono già presenti in natura opzioni non violente. Pensiamo alla regolazione della fecondazione tra i rettili, o al prolungamento della gravidanza tra certi mammiferi, come risposta a condizioni ambientali meno favorevoli. Certo, sono solo vestigi di qualcosa che fu o che sarebbe potuto essere, ma ci ricordano che a Dio non manca certo l’ingegno per trovare soluzioni in armonia con i suoi principi. Ma allora, se la predazione non fa parte del progetto originale e ne è una distorsione, come spiegare questa ed altre distonie presenti in una creazione che si vuole ispirata a regole morali? Il Figlio in persona, l’Autore della creazione, ce lo ha spiegato nella parabola delle zizzanie. Alla domanda: “Da dove viene l’erba cattiva?”, Egli risponde: “È stato un nemico a far questo”, un nemico che “venne a seminare erba cattiva in mezzo al grano”. Poi precisa: “Il nemico… è il diavolo” (Mt 13, 24-39). Anche Paolo riflette su questa apparente incoerenza. Tutto il creato, che ora soffre e geme, “è stato condannato a non aver senso, non perché l'abbia voluto, ma a causa di chi ve lo ha trascinato” (Rm 8, 20-22). Cioè un altro disegno (disegnatore) intelligente ma antagonista ha perturbato il progetto originale. “Vi è però una speranza: anch'esso [il creato] sarà liberato dal potere della corruzione per partecipare alla libertà e alla gloria dei figli di Dio.” (v. 21). È questa la differenza tra la speranza cristiana e le dottrine umane. Generalmente in queste ciò che conta sono nella sostanza i privilegi di chi detiene il potere e nella forma il vantaggio della collettività, anche quando tale vantaggio va a discapito del benessere e della sopravvivenza del singolo. Ricordate la considerazione involontariamente profetica di Caiafa sull’utilità di eliminare Gesù: “È meglio che un solo uomo muoia invece di tutto il popolo”? (Gv 18, 14). Ecco perché il concetto di predazione è così caro al cuore naturale dell’uomo. Al contrario Gesù si spogliò dei suoi privilegi e venne volentieri a morire per tutta l’umanità. Lo avrebbe fatto per salvare anche un solo uomo, anche il meno adatto darwinianamente parlando. Ad Alberto Angela, ovviamente, anche se non condividiamo la visione del mondo sua e del papà, vada tutta la nostra solidarietà.

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(Pubblicato su Toscanaoggi Forum il 9 dicembre 2006)