sabato 8 marzo 2008

Il dilemma dei provveduti - 1

I primi undici capitoli della Genesi narrano della creazione, della caduta, della corruzione dell’umanità, del diluvio, della nuova ribellione e della dispersione. Parlano cioè dell’umanità, dalle origini fino a Israele. Privata di tali capitoli la Bibbia sarebbe solo il libro sacro degli ebrei, così come i Purana lo furono per gli indiani e il Popol Vuh per i maya; sebbene anch’essi esordiscano con il racconto della creazione. Sono proprio questi capitoli che conferiscono al racconto biblico l’ampio respiro che coinvolge l’umanità intera e sui quali si sviluppa il racconto della salvezza, fino alla completa redenzione della famiglia umana, a prescindere da ogni connotazione etnico-religiosa. Essi sono la premessa che spiega e convalida la storia della salvezza. Ecco perché la loro autenticità riguarda il fondamento della fede e per millenni non è mai stata messa in discussione dai credenti devoti. Con l’avvento della rivoluzione scientifica, però, l’uomo ha acquisito strumenti che gli hanno dischiuso prospettive di conoscenza inimmaginabili. Lo scrigno del passato si è aperto sommergendolo di dati apportati da nuove discipline o anche vecchie ma adesso sorrette dal rigore del metodo scientifico. Astronomia, geofisica, geologia, paleontologia, paleobotanica, zoologia, etologia, antropologia, archeologia, genetica delle popolazioni, linguistica comparata, storia dei miti e delle religioni: discipline molto diverse tra loro ma che tutte gli svelano uno scenario molto più complesso di quello narrato nel racconto biblico. Altro che creazione in sei giorni e ordine fisso della natura! Altro che seimila anni di storia umana! Centomila anni ci separerebbero dal primo uomo anatomicamente moderno e ben cinquecentoquarantacinque milioni dalla prima esplosione di vita marina nel precambriano.

Uno scenario che dà le vertigini. Profondamente inquietante per chi fa della Bibbia il fondamento della propria fede. Ecco quindi che la prima reazione del credente è quella di squalificare ogni dato che non si armonizzi con il racconto biblico. Ogni informazione, anche scientifica, che sembra contrastare con l’annuncio del Dio creatore e redentore si pone in automatico come disinformazione. A maggior ragione la diffidenza del credente viene rafforzata se argomentazioni scientifiche sono utilizzate dallo scienziato agnostico per avvalorare la propria posizione ideologica, mescolando senza distinzione il puro dato accertato con le interpretazioni influenzate dalle convinzioni personali. Ecco contrapporsi pertanto le cosiddette “teorie creazioniste” alle famigerate “teorie evoluzioniste”, allo scopo di difendere l’integrità del racconto biblico della creazione soprattutto dagli attacchi di persone che usano slealmente i propri titoli accademici per difendere posizioni ideologiche atee. La teoria creazionista più diffusa è quella che intende la settimana creativa di Genesi 1 come periodo di sette giorni letterali di 24 ore ciascuno. È quella che ha avuto da sempre il maggiore consenso nella storia della chiesa, almeno finché il progresso scientifico non ha reso sempre più intelligibile la documentazione fossile sulla storia della terra. Il creazionismo letterale è ormai relegato agli ambienti evangelici di tendenza più o meno fondamentalista. E, sebbene esso cerchi in qualche modo di conciliare la posizione letteralista con le evidenze delle scoperte scientifiche, la sua appare in realtà come una battaglia di retroguardia, antistorica e antiscientifica. Una battaglia che per le sue motivazioni riscuote la simpatia del credente ma che può essere sostenuta seriamente solo da chi non ha ricevuto un minimo di formazione scientifica.

Chi ha familiarità con le discipline scientifiche sa che non può essere dimostrata l’assenza di progettualità dietro al fenomeno della vita, ma sa anche che l’evoluzione delle specie biologiche è un fatto. È un fatto che la vita sulla terra, con il lento trascorrere dei millenni, si sia trasformata da forme semplici ed elementari a forme sempre più complesse ed organizzate fino alla comparsa dell’uomo. Il credente, che vive un rapporto personale con il trascendente, non ha bisogno di conferme scientifiche per nutrire la propria fede; tuttavia la sfiducia nella Parola rivelata inevitabilmente induce disorientamento in chi si appoggia ad essa per connotare di qualità e caratteristiche la figura trascendente con cui è in relazione. La Bibbia gli rivela, infatti, che egli si rapporta con un essere onnipotente e unico nel suo genere, un essere buono, che lo ha creato, lo segue nel suo tormentato percorso, gli offre la salvezza dal male e il dono della vita e la propria amicizia, vuole persino adottarlo come figlio. Se questa cornice viene meno, chi lo rassicura del fatto che vi sia risurrezione, o che non si ritroverà tra le Uri dei terroristi o nel Nirvana (ricordate la sorpresa di Fantozzi giunto nell’aldilà?) anziché nel Paradiso? Pertanto il credente informato ha bisogno di definire l’affidabilità delle Scritture in quanto Parola rivelata. Egli parte dal presupposto che il suo Ispiratore è anche l’autore della natura e non può entrare in contraddizione con se stesso, pertanto le contraddizioni tra Bibbia e Scienza non possono che essere apparenti. Non potendo contentarsi di una visione “fissista” del Creazionismo perché troppo mortificante per gl’innumerevoli dati scientifici ormai accertati e, in definitiva, per la propria intelligenza… allora cerca soluzioni più aperte.

E certamente una soluzione molto aperta è rappresentata dalle teorie cosiddette “concordiste”. Queste si definiscono così perché pongono in evidenza la sostanziale concordanza tra la visione scientifica dello sviluppo della vita nel susseguirsi delle ere geologiche e i giorni creativi descritti nella Genesi, se intesi come epoche e non come periodi di 24 ore, che indicano l’ordinamento del creato e l’apparire degli esseri viventi secondo una successione che va dal generale e meno strutturato al particolare e più organizzato, dal Big-bang all’uomo, per intenderci. Anche il Concordismo, tuttavia, presenta dei rischi che sono esattamente opposti a quelli del Creazionismo fissista; se questo, infatti, sacrifica la Scienza per salvare una lettura letterale della Bibbia, l’approccio concordista subordina e piega il testo biblico alle esigenze del paradigma scientifico del momento. E dato che i modelli scientifici si evolvono e si modificano continuamente, man mano che le conoscenze aumentano, anche le ipotesi concordiste sulla creazione dell’universo e della vita subiscono continui aggiustamenti. E così al soggettivismo di una lettura non letterale del testo biblico si aggiunge la provvisorietà delle sue continue reinterpretazioni.

Per evitare la subordinazione del testo biblico alle ipotesi scientifiche o, all’opposto, qualsiasi forma di chiusura e d’arroccamento, altri credenti informati hanno preferito vedere nei primi undici capitoli della Genesi una costruzione letteraria che non pretende offrire la spiegazione scientifica o storiografica degli eventi primordiali; scopo di tale racconto sarebbe invece quello di fornire le ragioni morali e spirituali dell’esistenza e della condizione umana. Tutte le ipotesi che partono da questo presupposto prendono il nome di “Teorie delle forme letterarie”. A questa categoria appartiene la cosiddetta “interpretazione profetica” del racconto delle origini. Essa suppone che gli eventi primordiali siano stati rivelati allo scrittore ispirato con le stesse modalità con cui ai profeti venivano svelati gli eventi futuri. Caratteristica della visione profetica è quella di mancare spesso di prospettiva temporale: avvenimenti distanti tra loro molti secoli vengono descritti come compenetrati o sovrapposti. Non di rado lo scenario profetico è ricco di figure e di connotazioni simboliche e, in ogni caso, il racconto risente dei riferimenti culturali del narratore. Toccherà alla storia discernere tra i vari avvenimenti descritti e collocarli nel tempo. Analogamente, il racconto sulle origini sarebbe una profezia non sulla fine ma sul principio del tempo; la sua interpretazione richiede di calarsi nella prospettiva del narratore e d’avvalersi dell’indagine scientifica per liberare il messaggio profetico dall’abito temporale. Un’altra teoria delle forme letterarie, che oggi va per la maggiore, è quella che definisce il racconto primordiale della Genesi “eziologia metastorica sapienziale”. Traduzione: il racconto, pur presentandosi come storico (con trama, personaggi e colpi di scena), in realtà trascende la storia ed ha un valore “sapienziale”, cioè ha lo scopo di rivelare ad ogni lettore umano il senso ultimo del suo esistere e di spiegare le cause (eziologia) che rendono il presente così com’è. Queste teorie offrono il vantaggio di evitare conflitti e polemiche con il mondo scientifico poiché ne rispettano l’ambito ed eludono il confronto diretto. Tuttavia questo viaggiare in parallelo incontrandosi solo per suddividersi i compiti, presenta almeno due pericoli: quello di cadere in un modo di pensare schizofrenico che lascia coabitare due paradigmi che si vuole al contempo veri ma irraffrontabili, e quello di lasciarsi comunque condizionare dalle ipotesi scientifiche del momento senza il vantaggio del confronto possibile che almeno l’approccio concordista consente. Bisogna inoltre ammettere che tali teorie, per quanto affascinanti, rimangono semplici ipotesi di lavoro: ai primi undici capitoli della Genesi è tutt’altro che facile attribuire un preciso genere letterario. Allora, come affermare con sicurezza che essi non abbiano del tutto carattere storico e che quindi Adamo, Eva, Caino, Enoc o Noè siano solo un artificio letterario?

In realtà le ipotesi che tentano un chiarimento tra le scienze naturali e l’esegesi biblica sono ben più di quelle appena esposte: abbiamo ancora l’ipotesi mitica, l’interpretazione parabolica, le visioni di Adamo, l’agostiniana “conoscenza degli angeli”, e tra le ipotesi letteraliste quella detta del “gap” o restituzionista. E la carrellata continuerebbe. Sono quasi tutte costruzioni che hanno richiesto voli di fantasia non indifferente e che preferiamo tralasciare per non stancare troppo il lettore. Tuttavia, prima della nostra riflessione finale, voglio almeno ancora soffermarmi sulla teoria del Disegno Intelligente che tante polemiche ha sollevato soprattutto tra l’establishment scientifico d’oltreoceano. Lo faremo nella seconda parte di quest’articolo.

(Pubblicato su Toscanaoggi Forum il 24 aprile 2007)