lunedì 3 marzo 2008

In cammino verso il Padre

Nelle sue ultime riflessioni escatologiche in vista dell’Anno Santo, Giovanni Paolo II aveva richiamato volentieri l’immagine del movimento verso la casa del Padre. Il Figlio, dopo la sua missione vittoriosa, vi fa rientro. L’uomo, pellegrino sull’aspro sentiero del mondo, vi si dirige per ereditare quella dimora “costruita da Dio, che dura per sempre” (2 Cor 5,1). Non solo l’uomo nel suo percorso individuale, ma l’umanità nel suo percorso storico è chiamata a compiere questo movimento che iniziò nell’Eden e che, posta fine a questa triste parentesi di ribellione, si concluderà “in un ambiente simile a quello uscito dalle mani di Dio al momento della creazione”. In questo senso, anche per l’uomo potrà intendersi un ritorno alla casa del Padre. «La risurrezione di Cristo, la sua ascensione e l’annuncio del suo ritorno hanno aperto nuove prospettive escatologiche. Nel Discorso dopo la Cena, infatti, Gesù dice: “Io vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,2-3)». Egli inoltre rimarca l’attesa di quel momento, quando finalmente la famiglia della terra sarà riunita a quella del cielo, facendo un voto. Col calice ancora in mano, subito dopo le solenni parole dell’eucaristia, Egli promette: “Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (Mt 26,29). Poche ore dopo si compie il destino di Gesù su questa terra e la sua risurrezione diviene l’evento escatologico per eccellenza. È la prima vittoria sul peccato e sulla morte, garanzia di risurrezione per i giusti nell’ultimo giorno. Insieme agli uomini, l’intera creazione soffre e “aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli” (Rm 8,19). Non solo il creato circoscritto a questo mondo – che con l’umanità condivide quella che potremmo definire la fisicità imperfetta e il retaggio della morte – ma l’intero universo soffre e attende. E non potrebbe che essere così, in quanto gli esseri celesti simpatizzano con le nostre sofferenze e sono coinvolti in un’incessante azione di soccorso in favore dell’umanità. Mutuando il termine dalla nota istituzione della Farnesina, potremmo dire che, verificatasi l’emergenza del peccato e della morte, è stata attivata una “unità di crisi” che ha rivoluzionato le abitudini e le attività del cielo. Così gli angeli buoni sono diventati i nostri custodi per proteggerci dalle azioni malvagie dei demoni e dei nostri consimili, ma anche gli esecutori dei giudizi di Dio. E Dio stesso, che è l’amore personificato, ha dovuto indossare la veste inaudita di giudice e di capo di un esercito che non si limita a sfilare ma che combatte. ”Poi scoppiò una guerra nel cielo: da una parte Michele e i suoi angeli, dall'altra il drago e i suoi angeli. Ma questi furono sconfitti, e non ci fu più posto per loro nel cielo, e il drago fu scaraventato fuori. Il grande drago, cioè il serpente antico, che si chiama Diavolo e Satana, ed è il seduttore del mondo, fu gettato sulla terra, e anche i suoi angeli furono gettati giù” (Ap 12,7-9). Quest’evento descritto in Apocalisse si riallaccia direttamente alle prime pagine della Genesi: “Allora Dio, il Signore, disse al serpente: "Per quel che hai fatto… Metterò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua discendenza. Questa discendenza ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno" (3,14-15). Ripreso dagli antichi profeti (“Come hai potuto cadere dal cielo tu, splendente figlio dell'aurora?” Is 14,12) e da Gesù:”Ho visto Satana precipitare dal cielo come un fulmine” (Lc 10,18). La Bibbia scopre il velo su un conflitto di proporzioni immani di cui la terra è solo l’ultimo campo di battaglia e l’uomo solo l’ultimo degli attori: il conflitto tra il Figlio di Dio e il “figlio dell’aurora”, il cherubino Lucifero fattosi Satana, il “serpente antico” di edenica memoria. Solo sullo sfondo di questo conflitto cosmico si può comprendere la posizione dell’umanità che è al contempo di estrema fragilità e di assoluta invincibilità nel momento che si pone dietro lo scudo di Cristo che ha vinto Satana. Per l’universo noi siamo il libro di testo che dimostra nei fatti e in tutta la sua portata la follia della ribellione a Dio. Al contempo, il nostro libro di testo è la Parola di Dio, sottesa di connotazioni escatologiche dalla prima all’ultima pagina. Il suo filo conduttore è proprio questo movimento circolare di dono amorevole che dal Padre ha origine e a Lui fa ritorno. La sua creazione passa per una breve fase di sbandamento, forse inevitabile per salvaguardare la libertà delle sue creature, che poi, resa consapevole, gli si riconcilia per sempre. Userei due immagini, suggerite dal Vangelo, per sintetizzare questo movimento dell’umanità che si allontana da casa e che poi vi fa ritorno. La prima è quella del gregge senza pastore che si aggira smarrito. “Vedendo le folle Gesù ne ebbe compassione, perché erano stanche e scoraggiate, come pecore che non hanno un pastore” (Mt 9,36). Anche se non ne sono sempre consapevoli (cfr Ap 3,17: “Voi dite: «Siamo ricchi, abbiamo fatto fortuna, non abbiamo bisogno di nulla» e non vi accorgete di essere dei falliti, degli infelici, poveri, ciechi e nudi”) le creature che si allontanano da Dio non sono libere ma solo smarrite, come le pecore che belano spaventate quando perdono di vista il pastore che sono abituate a seguire. La seconda immagine è quella del padre misericordioso che attende e accoglie a braccia aperte il figliol prodigo che ritorna rinsavito. Questi “era ancora lontano dalla casa paterna, quando suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro. Lo abbracciò e lo baciò” (Lc 15,20). Dio stesso attende con trepidazione il giorno in cui il male e la sofferenza saranno estirpati dal creato. Anche quando in apparenza il mondo sembra proseguire stupidamente nel suo percorso di piccole e grandi crudeltà, Egli stabilisce con precisione il limite degli eventi. “Il Signore non ritarda a compiere la sua promessa… Piuttosto egli è paziente con voi, perché vuole che nessuno di voi si perda e che tutti abbiate la possibilità di cambiar vita” (2 Pt 3,9). Ma la misericordia per il peccatore non implica debolezza; i giorni della storia sono numerati, il che significa che un giorno è stato fissato per essere l’ultimo: gli ostinati non si facciano illusioni. Ma una tavola è già stata apparecchiata per festeggiare il corteo dei figli prodighi rinsaviti di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E quando Cristo avrà compiuto la sua missione di salvezza e di estirpazione del male, “allora anche il Figlio sarà sottomesso a chi lo ha fatto Signore di ogni cosa. E così Dio regnerà effettivamente in tutti” (1 Cor 15,28). Il cerchio si chiude ed ognuno troverà nella casa del Padre il meritato riposo, la propria gioia e la piena realizzazione.

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(Pubblicato su Toscanaoggi Forum il 28 gennaio 2007)